Nella Valle del Fryken sulle orme di Selma

La Valle del Fryken è un segreto verde attorno a un lago stretto.

All'interno di un lungo percorso scandinavo questo si può considerare un viaggio dentro al viaggio. E' un piccolo mondo a parte, un concentrato di Värmland svedese, dove il paesaggio è bellezza, cultura, identità e storia. Non è una valle selvaggia. La foresta, profonda e austera ricopre di mistero le colline, ma i rilievi hanno linee morbide, avvallamenti intimi come rifugi, declivi color smeraldo.

L’intervento dell’uomo c’è e si vede. Oltre il mantello dei boschi si scoprono campi di grano, alberi da frutto, fattorie, fienili e piccoli paesi. Le balle di fieno punteggiano i campi con un ritmo musicale, come note sparse qua e là. Cavallini rossicci contemplano i loro paradisi d'erba e scuotono le criniere bionde nel vento profumato di muschio e resina. Una campagna semplice, ordinata, disegnata da un bambino. Scarna ed essenziale nella forma creata dagli inverni bui e dalla breve fiammata di estati abbaglianti di luce.

 

E’ evidente nell’aspetto e nello stile, che c’è stata una richiesta di permesso, un’entrata in punta di piedi, un dare oltre che prendere. L'uomo si è insediato in armonia, restituendo a questa terra cura e rispetto, in cambio di vita sicura. Il mondo come dovrebbe essere. Viaggiare per queste terre è un piccolo tour a rallentatore dentro un Eden possibile.

 

Noi viaggiatori che entriamo nella Valle del Fryken ci sentiamo immediatamente proiettati in un microcosmo speciale. Con emozione ci troviamo testimoni di una straordinaria rivelazione: la vita quotidiana può essere bellezza. Non ci sono infatti grandi motivi, monumenti o attrazioni speciali, per essere proprio qui e non altrove. E' semplicemente il modo di esistere e di coesistere con l'ambiente che diventa esso stesso fonte di meraviglia.

I villaggi sono autentici, vivi e vissuti. Le tradizioni profondamente sentite , ma non esibite per il turista. Le case, sia pur curatissime e ricche all'interno di un particolare, intimo comfort, mantengono un aspetto rurale e spartano all'esterno. Forme essenziali, quasi austere. Il passato con il ricordo di tempi difficili di fame e fatiche, con le sue storie di tenacia e resistenza in un clima ben poco favorevole, ha forgiato il carattere forte e severo dei valligiani, ha mantenuto sacro e fondamentale il lavoro. Oggi il diffuso e solido benessere svedese consente comode Volvo station wagon e suv che però spariscono discretamente nei garage di legno dipinti di rosso, così come i modernissimi macchinari agricoli, dopo l'uso, scompaiono nelle vecchie rimesse delle fattorie, lasciando a noi, che passiamo incantati, lo spettacolo di un paesaggio pulito, immutato e intatto. Un piccolo mondo immacolato, non perchè sia bianco, dato che ora , in estate, il verde furoreggia, ma proprio nel senso di senza macchia. La mentalità protestante induce alla sobrietà. La ricchezza e l'agiatezza non vengono ostentate. Frutto di un grande sforzo, ora vengono custodite e godute quasi con pudore.

Avvertiamo istintivamente tutto questo e procediamo con rispetto, quasi in punta di piedi. Nulla in questa terra perfetta può essere toccato, disturbato, spostato. Come abili matematici alle prese con il difficile problema del vivere, questa gente ha fissato dei limiti, ha definito le incognite e ha tracciato l'armoniosa curva della loro esistenza in questa valle.

 

Si segue la costa orientale, da sud a nord. Il lago Fryken è un ottimo compagno di strada. Ne scorgi sempre un pezzetto da qualche parte, ritagliato dal profilo a denti di sega delle abetaie. Piccole tessere azzurre su un fondo verde cupo. E se nasce il desiderio di ricomporre il puzzle e vederlo intero nel suo quieto splendore, basta scendere fino alla riva, lì dove la barriera degli alberi finisce all'improvviso, quasi con stupore, davanti allo specchio immobile. Allora si scoprono cieli rovesciati, nuvole ribollenti sotto il filo dell'acqua, colori a smalto. Oppure, nei giorni grigi, nebbioline morbide e veli come fumo su una distesa opaca e fredda.

Parla con voce sussurrante il Fryken, e solo a chi vuole ascoltarlo. Racconta storie di piante, di animali e di uomini, pescatori e contadini. Ci parla di una bambina che visse qui e amò profondamente questa valle. Da grande, fu pescatrice di storie e coltivatrice di sogni, come le aveva insegnato il lago.

 

La troviamo sulla collina di Östra Amtervik, che riposa sotto alti pini mormoranti. Lei si chiama Selma Lagerlöf. E’ in questo cimitero dal 1940 e ci sono fiori freschi sulla sua tomba. Fu la prima donna e il primo scrittore svedese a ricevere il premio Nobel. Nel romanzo “La saga di Gösta Berling”, nella trilogia “L’anello dei Löwenskölds”, in “Marbåcka” e in altre opere ancora, il microcosmo della Valle del Fryken vive per sempre, interpretato dalla sua visione lirica, spirituale, epica e fantastica.

 

Presso la chiesa grandi massi coperti di muschio delimitano una specie di recinto sacro. Pietre come verdi animali mansueti che si lasciano accarezzare sulla groppa. Strane croci di ferro disegnano complessi simboli in filigrana nera sul prato. Poche case di legno sparse nella campagna, semplici e perfette. Colore rosso cupo, tradizionale svedese e qualche raro bianco-neve, o giallo-girasole. Nessun fronzolo. Nulla di superfluo. Nè recinzioni, nè cancelli, e giardini come fazzoletti in cui sembrano essere nati tutti i fiori della valle, dopo una sola notte di pioggia. Tutt'intorno il respiro lento dei campi. il vento sulle spighe di orzo maturo. Onde quasi liquide. Brividi sul dorso della terra.

 

La casa natale di Selma Lagerlöf , a Marbåcka, è stata trasformata in museo, per non dimenticare. Qui la bambina Selma imparava a conoscere i confini della Valle e a superarli. L’amore per un padre fragile e alcolizzato acuì la sua sensibilità, mentre un misterioso mondo di saghe e leggende nordiche, tramandato dalla nonna, irrobustì le radici nella cultura della sua terra.

Selma andò via dalla Fryksdal, visse a Stoccolma e a Uppsala, ma vi tornò, con mente libera e aperta, richiamata dal lago. Ricomprò la casa dell’anima e qui visse i suoi migliori anni, fino alla morte. Attorno alla dimora, oggi come allora, un grande giardino, orti e frutteti ben curati. Vecchi meli dai rami ricurvi e cespugli di ribes carichi di frutti. Rossi, come le casette della Valle. Aspri e frizzanti, come quest'aria che gioca tra le foglie. Ci fermiamo a guardare lo stagno, trapuntato di ninfee, brulicante di vita e colori. Solo l’inverno riuscirà a scovare il suo cuore di ghiaccio.

 

Ora il cielo sulla Valle è attraversato da nuvole veloci che creano e disfano geografie celesti che non avranno mai mappa. Sulla nostra cartina invece la strada è ben ancorata al lago e porta verso Sunne, il paese sull’istmo e poi fino a Torsby, il villaggio in cui, nel XVII secolo si insediò una comunità finlandese. La strada E45 dopo aver costeggiato un tratto della riva occidentale, proseguirà verso la mitica regione del Dalarna e poi su, lungo la spina dorsale della Scandinavia, tra ali di boschi scuri, dentro un paesaggio sempre più disabitato e remoto, verso il Grande Nord, dietro al suo richiamo magnetico e irresistibile. Eppure la Valle del Fryken ha abbastanza fascino da rimandare questa corsa e trattenere a lungo anche il viaggiatore più impaziente nella serenità della sua oasi verde. Qui gli abeti sono ancora folti e rigogliosi, non hanno le forme stente e sofferte di quelli artici. I pascoli sono ricchi e i campi di grano indorano il paesaggio. La vita qui, almeno ai giorni nostri, ha un gusto di latte e miele. Le terre estreme, le tundre artiche sembrano molto lontane.

 

Per questo siamo ancora qui, non lontani dall'istmo che segna la metà del lago, fermi su un prato, ipnotizzati da un temporale in arrivo da settentrione, nero e furioso come un'apocalisse.

All’improvviso un raggio di sole radente corre sul campo di grano e lo incendia di luce, lo cola in oro fuso, lo ritaglia a filo di lama dal resto del mondo. Dall’altra parte della strada un cavallo corre in un piccolo galoppatoio, ripetendo ad ogni giro il miracolo di una sagoma nera contro lo splendore dei prati.

 

Sulle colline, la conseguenza della lotta di nuvole basse nel cielo è una battaglia tra ombre e luci che corrono rapide come folletti silvestri.

Solitarie casette rosse stanno sul bordo dei boschi. Non possono penetrare il mistero delle divinità della foresta, ma sembrano chiedere protezione a quell’esercito di alberi fitto e compatto.

 

Finestre senza imposte si aprono come occhi sgranati, assetati di luce. Immagino la Valle vista da dietro quei vetri. Penso alle stagioni, declinate nei loro colori, viste da dentro quelle stanze. Quadri di natura viva appesi alle pareti. Primavera verde-rosa, estate oro-blu, autunno ruggine e fiamma, inverno bianco-argento.

 

Intanto, questo luglio risplendente mescolerà insieme buio e chiarore nel calderone della notte e misurerà la distanza dal solstizio con quante stelle riuscirà ancora a cancellare. La luna piena disegnerà la diagonale nel riquadro della finestra e fuori, sul melo, saranno due lune d’oro gli occhi del gufo che guarda il Fryken addormentato.

 

 

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